Le polizze assicurative caso morte, ma anche quelle sulla vita, o similari, sono spesso oggetto di controversie legate alla scadenza del contratto.
In genere, infatti, chi sottoscrive queste polizze assicurative prevede che, al verificarsi dell’increscioso evento, venga erogato un determinato captale agli eredi o al beneficiario espressamente indicati in polizza.
In questo modo, si riesce ad assicurare un minimo di tranquillità economica ai propri congiunti, duramente colpiti anche economicamente in caso di decesso o di invalidità permanente del capofamiglia.
Naturalmente è possibile anche sottoscrivere una polizza assicurativa vita ad accumulo, grazie alla quale si potranno mettere da parte un po’ di soldi così da assicurarsi un futuro più sereno, che sia attraverso un vitalizio o un capitale ottenuto tutto insieme a scadenza.
Comunque sia, è proprio la scadenza il termine chiave, quello che porta con sé un insieme di ulteriori problematiche in caso di dimenticanze o inadempienze.
Infatti, al contrario di quanto si è portati a credere, nonostante vi siano articoli stessi della Costituzione a tutela del risparmio privato, non sempre lo stesso viene effettivamente incoraggiato come si dovrebbe. Parliamo, nello specifico, di ciò che accade con le polizze dormienti, ovvero quelle polizze che non sono state reclamate dai beneficiari entro un determinato lasso di tempo e che, sembrava – ma si è sempre in bilico quando si affrontano queste questioni in Italia – potessero essere addirittura requisite da parte del fondo a favore delle vittime della strada.
Il meccanismo che avrebbe dovuto portare a ciò era quello della prescrizione breve, sebbene si siano subito levate voci di protesta da parte delle associazioni dei consumatori, riuscendo a bloccare, almeno in parte, tale norma.
Se pensate che i capitali delle polizze assicurative sulla vita, infatti, possono essere richiesti entro dieci anni dalla scadenza, come avviene per i conti corrente, ebbene, ci si dovrà ricredere subito, visto che il termine massimo è fissato in due anni.
E pensare che, prima della modifica apportata nel 2007 da parte dell’articolo 2952 del codice civile, la prescrizione scattava dopo appena un anno.
Scaduti questi termini, il capitale faticosamente accumulato nel corso del tempo diventava appannaggio dello Stato che ne prescriveva l’acquisizione da parte del Fondo per le vittime della strada. Una volta lì confluito, non esiste alcun modo per reclamarlo indietro, anche se si è beneficiari effettivi di tale somma.
Ciò che stupisce, comunque, è che per questi capitali non esiste alcun diritto di rivendica, a differenza di quanto accade per quelli dei conti corrente o dei libretti di risparmio e di deposito.
Una diversità di trattamento che non può evitare, certo, di lasciare alquanto stupiti, dal momento che anche le polizze assicurative sulla vita non sono che un prodotto finanziario a tutti gli effetti, per le quali andrebbero usate le stesse regole che si usano per altri prodotti finanziari.
Ad ogni modo, in seguito alle proteste, fu quanto meno eliminata la norma che voleva l’applicazione retroattiva della legge che avrebbe comportato la decadenza dei termini addirittura immediata in taluni casi, a causa dell’entrata in vigore della norma.
Fortunatamente, una nota del ministero dell’economia ha fatto sì che la norma si applicasse soltanto a quelle per cui la prescrizione non era ancora scattata al 28 ottobre 2008.